martedì 8 novembre 2011

Caffè e filosofia, pessimismo cosmico di metà mattina.


Ma che, si può vivere così?


Estratto dai miei appunti di filosofia antica di ieri: “La spirale del desiderio è inarrestabile: ciò che ti rende grande ti perde.”
È destino dell’uomo che troppo desidera quello di perdersi? Perché, perché è da superbi volere troppo? Che poi, perché “troppo”? Se fosse “abbastanza”?
Ubris.
Chiamano superbia quella dell’uomo quando si fa grande. Ma perché dev’essere punito? Perché dev’essere sbagliato?
Perché i più si accontentano della mediocrità, del “va bene”, del “ma sì”, del “tanto cosa ci posso fare”?


Ma che, si può vivere così?



Navigo sempre attorno alla solita isola, lo so, quella dell’insoddisfazione e del tentativo di trasformarla in soddisfazione. La questione, il nodo della questione, è che non posso fare a meno di chiedermi perché, ogni volta che seguo questo incredibile desiderio del “di più”, finisco nei casini. Ma casini grossi, di quelli davvero belli contorti.
Mi faccio male.


Allora, forse davvero è così tragica la natura umana. Una tragedia in cui ciò che ti fa grande ti porta alla distruzione.
È… da folli. È un meccanismo che s’inceppa, destinato a incepparsi, che nasce già con il pezzo mancante.
È l’uomo di Heidegger, l'Unheimlich, l’in-quieto perché non può stare in quiete.
È l’esteta di Kierkegaard.
È il pensato nei pensieri di Pascal (“L'uomo non è che un nodo inestricabile di grandezza e miseria: egualmente incapace d'ignorare in modo assoluto e di conoscere con assoluta certezza.”, dal muro della mia stanza).
È Leopardi.
È Van Gogh. Magritte.
È Nietzsche.


[Che poi, per forza ti danno del pazzo, quando vai in giro dicendo che il destino di ogni uomo che vuole vivere davvero, fino in fondo, è la distruzione.]


E, alla fine, è Baricco, prova di come nulla si inventa. Ma per forza, l’uomo è quello che è, cosa può inventare che esca dalla sua natura?


["Non è che la vita vada come tu te la immagini. Fa la sua strada. E tu la tua. Io non è che volevo essere felice, questo no. Volevo... salvarmi, ecco: salvarmi. Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri. Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente: il dovere, l'onestà, essere buoni, essere giusti. No. Sono i desideri che salvano. Sono l'unica cosa vera. Tu stai con loro, e ti salverai. Però troppo tardi l'ho capito. Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile: e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male. È lì che salta tutto, non c'è verso di scappare, più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci. Non se ne esce. Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare. Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatta tanto di quel male che tu non puoi nemmeno immaginare."]


Non voleva essere un post filosofico. Il problema è che mi ritrovo ad affrontare l’impersonificazione di una vita “sorda di desideri” ogni giorno, dovunque, e quello che vedo è spensieratezza, innamorati, sorrisi, leggerezza.
Per me la leggerezza è insostenibile, ma non posso fare a meno di chiedermi come sarebbe più semplice.
Quanto starei meglio.
Quanta solitudine in meno mi circonderebbe.


Perché, ripeto, si rischia di passare per folli a proclamare come Vita Vera una che ti porta a perderti.
Peccato che la vita sia letale, in ogni modo la si viva. Quindi tanto vale farsi male per bene, ma aver provato emozioni che ti cambiano lo sguardo. E parlo proprio di sguardo.
Perché li incontri, ogni tanto, in giro, quegli sguardi nei quali, se non stai attento, cadi, e ti ci perdi. Ah, io adoro quegli sguardi. Me ne innamoro sempre. E mi ci tuffo.
Di solito, poi, si rivelano meno profondi di quel che pensassi. Ed è sempre molto triste, capire che poi, alla fine, quella che ha il coraggio di andare sempre più a fondo sono io.


[Se qualcuno volesse provare a smentirmi, son qui che l'aspetto.]


Ma, ripeto (più a me stessa che a te, improbabile lettore di questo sproloquio esistenzialista, superbo e pessimista), si può vivere così?


Sarò sola e solitaria per tutta la vita. 
Con amori occasionali, ma da perdersi, ogni volta un po’ di più. 
Ma sempre sola, a volte, semplicemente, in compagnia di qualcuno. 


O magari fra un paio di anni sarò innamorata di un commercialista che sposerò, una volta laureata, e passerò il resto della mia vita a fare la moglie e la madre, in una casa borghese e sempre ordinata.
Uhm sì certo perché no.  

3 commenti:

  1. Be', certamente la vita non è soltanto quel periodo di tempo che trascorre tra un amore e l'altro. Però vale la pena avere dei sogni, per quanto irrealizzabili essi appaiano. E per afferrare quella stella tu, proprio tu, sei disposta a cadere nel vuoto del fallimento? E l'alternativa qual'è? Non è forse quella di rimanere nel vuoto dell'attesa?

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  2. "Per me la leggerezza è insostenibile", questo è un po' il sunto di tutto.
    Bel post, si spazia dagli appunti di filosofia alla casa sempre ordinata, passando per la filosofia vera e propria. Il che è giusto perchè spesso certe cose si studiano in modo completamente avulso dalla vita di tutti i giorni (questo non vale per me che sono un deviato e vivo nel mondo dei miei studi).
    Comunque si, il vivere fino in fondo potrebbe essere distruzione, ma anche su questo dobbiamo fare attenzione: dobbiamo davvero vivere fino in fondo?
    Oggi anche sopravvivere è un'arte.

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  3. Tra cenere e terra: Secondo me il vuoto è altro. Perché il fallimento è qualcosa che, comunque, riempie, così come l'attesa (basti pensare a quante volte ciò che cerchiamo acquista un valore proprio in base alla ricerca e al tempo che investiamo in essa). Il vuoto invece è proprio vuoto. Nient'altro. E in questo sta la sua tragedia.

    Cawarfidae, Mi hai destabilizzata. Perché forse sopravvivere è proprio ciò che sto facendo, arrivando ogni volta in punto di morte e salvandomi all'ultimo. Grazie, non ci avevo mai pensato. Devo rifletterci un po' su.
    (è in linea con il personaggio, vivere attorniato dalle alte mura dei tuoi studi, ma mi sembri molto meno deviato di molte persone meno inclini a libri e polverose biblioteche... certo, io non sono proprio un ottimo punto di riferimento, per giudicare una mente deviata.)

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