giovedì 15 dicembre 2011

Freud non ha le risposte. Ma nessuno legge Freud per avere delle risposte. O no?


E' morto il più grave caso di anoressia nervosa al mondo. Dopo sedici anni di malattia. 
Io non riesco nemmeno ad immaginarli sedici anni da anoressica. 
Guardo la sua foto e non riesco a staccarne gli occhi. Non sembra umana. 


Pronunciare, ad alta voce, l'aggettivo "anoressica" mi costa uno sforzo enorme. 
Mi ricorda un camice, degli occhiali appesi al collo, con la montatura sottile e rossa, una cartelletta sotto il braccio. Una discussione dai toni accesi. 
La mente che si spegne per proteggersi da qualcosa che non vuole né ascoltare, né realizzare. 
Mi richiama alla mente corridoi di ospedale, pareti verde pallido, luci al neon, silenzio interrotto solo dal ronzio dei macchinari.
Piccole confezioni di cartone bianche con righe blu. Più erano piccole e più erano terribili.
Mi ricordo le notti con gli occhi sbarrati e il cuore impazzito, e la corsa infinita del cervello che cercava di afferrare il pensiero.
Mi ricordo i mesi senza sogni. Senza sognare una cosa che fosse una. 
Mi ricordo le assenze che si accumulavano, e le risposte che non erano mai esaustive o convincenti. 
Mi ricordo l'arrancare verso la fine di quell'anno, la fatica immane per fissare i concetti nella mente, l'insoddisfazione.
La gente non lo sa, cosa c'è nella mente di un'anoressica. 
La gente non sa. Per la gente sei sempre e solo una che si fa paranoie per le calorie, che non mangia una pizza intera da anni, che non zucchera il caffè.
A parte che io il caffè l'ho sempre bevuto amaro. Ma son dettagli. 
E la gente non sa nemmeno che mettere su peso non significa esser guarita. 
Guarire. Si guarisce? Ci si ammala? 
Che cazzo succede nella testa di una persona?
Perché ancora non ho trovato una risposta, ancora non so come tutto questo possa iniziare, perché possa iniziare. 
Freud non me lo spiega, i manuali di psicologia descrivono casi standard e l'ultima cosa che uno psicanalista deve fare è fornire risposte. 
Uno dei tanti meccanismi che nella vita s'inceppano, credo. 
Un ingranaggio si blocca e la tua realtà cambia. E tu diventi centomila persone diverse che si riflettono in uno specchio, che si vestono, che si fanno abbracciare. 
E non conta ciò che vedi davvero, in quello specchio. Non conta quanto sei magra, in realtà l'anoressia non è una questione di corporatura. 
C'è un momento in cui scorgi un numero, sulla bilancia. Sono cambiate le decine. E dici "Ok, adesso mi fermo". Ma non ci riesci. E ogni mattina può esserci una cifra in meno. E ti ritrovi a bucare le cinture con il coltello, a indossare due maglioni per sembrare meno inesistente. Ti guardi allo specchio e vedi un fantasma. 
L'avete mai visto, un fantasma?
Ecco, pensate vederlo ogni volta che vi guardate allo specchio. Ogni volta che incrociate lo sguardo di qualcuno che si ricorda come eravate, due mesi prima. 
Non avere più coscienza di sé. Non avere più controllo sul proprio corpo. 
Il Cigno Nero, l'avete visto? Io non ho dormito per notti, dopo averlo visto. Quella forma di follia, quella che ti divide il cervello a metà e rende ognuna delle due parti indipendente e assoluta, ma obbligata a coesistere con l'altra... quella forma di follia è l'anoressia. 
Io... vorrei poterne scrivere. Vorrei poterla descrivere. Vorrei non mi tremassero così le mani, vorrei non mi si conficcasse questa pietra in gola, vorrei non provare questa nausea e questo gelo.
Vorrei poter fermare nella mente il momento esatto in cui quel meccanismo si è bloccato. 
Fotografare quell'ingranaggio mentre si spezza. 

On air: Meds, Placebo

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