martedì 24 gennaio 2012

Kierkegaard, fottiti. With love.

E... no, non riesco a essere nervosa. 


[Le mie frasi che iniziano con una congiunzione. L'italiano, Agnese, l'italiano. Ma no, è che probabilmente sono precedute da qualcosa che non scrivo, né dico. Ah, ecco.]

Non riesco a studiare con l'idea che domani darò un esame. 

Leggo, come quando leggo i libri di cui m'innamoro.
Finisco un autore e scrivo in fondo agli appunti "Chapeau.", perché mi ha stupita.
Altrove lascio un "Wtf." a fianco di un paragrafo. 

O un "Non avevi capito un cazzo."
O magari un un "Cvd.".

Studio perché voglio, non perché devo. Il manuale? Boh. Leggo i testi, funzionerà comunque?
Non ce la faccio. A tornare a fare le cose perché devo farle. Non ne sono più capace.

E' impossibile tornare indietro, una volta che hai sperimentato l'ebbrezza del fare qualcosa perché vuoi farlo. 


Mi chiederò come farò mai a dare latino. 
Ci penserò a tempo debito, iniziamo a dare filosofia domani. 
Do-ma-ni.


[Ho sognato che l'esame si teneva sui bastioni di un castello; iniziava nella nebbia fitta del mattino e si concludeva con una splendente luna piena a illuminare me e il professore.
Mi chiedeva di Empedocle, ed era l'unica domanda da esame. Per il resto, era esattamente come stare in bilico sopra a un fossato.]



C'è qualcosa che devo scrivere. 
Qualcosa che voglio scrivere, meglio. 
C'è qualcosa. Che s'impiglia nei fili [il]logici della mia mente da giorni. 


Magari stanotte. Magari domani. Magari chissà.


Forse, semplicemente, questa è la chiave. 
Quando sei in auto con qualcuno che non vuoi ammazzare, inevitabilmente ti salvi, per quanta voglia tu possa avere di andarti a schiantare a 100 all'ora contro un muro. 
Forse, questa è la chiave. 


Torno ad Antifonte. 

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