lunedì 9 gennaio 2012

"Persone, prima di tutto persone."


Guardo la Luna. 
Ancora in auto, nel parcheggio. Incapace di tornare a casa.
Mi chiedo cosa mai abbiamo fatto, noi umani, per meritarci un simile spettacolo.
Mi chiedo cosa mai abbia fatto, io, per meritarmi certe persone. 


Gli aeroporti, la notte, fanno ancora più effetto.
E che impressione accompagnarti, guardarti, ogni volta, partire. 
Ti abbraccio e le mie dita premono nel tessuto del tuo cappotto, come a cercare un appiglio, chissà se per sostenere me, o se per non lasciare andare te.
Dirti "ciao" stona sempre.
Ti saluto senza parole e con gli occhi lucidi, consapevole che fra qualche mese saremo ancora qui, tu ed io, un po' più grandi, con un poco più di vita nel cuore.


Io rimango qui, eppure mi sembra di essere appena partita, come te. 
Rimango nella mia auto, con i miei cd, a scrivere su un quaderno, con una bic pescata dal fondo della mia borsa.
E una Luna straordinaria da guardare.


Non posso che commuovermi. 


Come possono certe giornate rispondere a domande banali come "Cos'hai fatto oggi?", come posso dirti cosa ho fatto, anziché andare in Università, come ti ho detto? Come posso spiegarti cosa mi è rimasto, dentro, da questa giornata?
Fra le nuvole rosa dell'alba, e quelle del tramonto, come posso spiegare dove sono stata?


Ho preso un treno, perché non avevo altro da fare. Perché non sapevo cos'altro fare. 
Ed è stato strano, perché di solito quando prendo treni del genere, improvvisati e un po' disperati, sono sempre sola, con un libro e molte canzoni, ma nessun altro.
E' bello trovare un treno nuovo, ogni tanto.


Ho visitato un orto botanico nel mezzo di una Città, e un Universo fra le parole e gli sguardi di una persona. 


Mi sono ritrovata su una scogliera, una bianca scogliera di Dover che si stagliava alta e ripida sui marosi che si frantumavano ai suoi piedi.
Ho guardato giù. E ho sentito la stretta allo stomaco della vertigine, quando ti sporgi troppo e sai che perderai l'equilibrio.
Ho quasi sentito l'impatto con l'acqua, gelida e implacabile. Mi sono vista annaspare cercando di raggiungere la superficie, alla ricerca dell'ossigeno.


E invece no, non sono caduta. 


La "possibilità di sì" vale meno di un "no". 
Non è semplice da accettare, ma è dai punti fermi che si riparte.


Sono poi tornata, e c'era uno strano inverno troppo mite.
Lago, barche ormeggiate e gabbiani. 
Smettiamola di fare i gabbiani.


Come posso descriverti l'infinità di certe giornate, fatte di persone, durante le quali ti fai persona?


Guardo la Luna. 


Il cellulare trilla, un messaggio.


Amicizia. 
Ti sembra una cosa da poco, dalla quale partire?

3 commenti:

  1. Che bel post, dà emozioni e smuove l'anima...

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  2. Questa volta ti ho vista. Non ti ho sentita e basta. Ti ho seguita. Eravamo lì sulla scogliera, sul punto di cadere giù. Avrei voluto che tu lo facessi per me.

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